Come è nata l’Europa

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Come è nata l’Europa

Prima di concretarsi in un vero e proprio progetto politico e di divenire un obiettivo permanente della politica di governo degli Stati membri, l’idea d’Europa era patrimonio di una cerchia ristretta di filosofi e di idealisti. La prospettiva degli Stati Uniti d’Europa, secondo la formula di Victor Hugo, corrispondeva a un ideale umanista e pacifista al quale i tragici conflitti che sconvolsero il continente nella prima metà del XX secolo inflissero una brutale smentita. Si sono dovute attendere le idee scaturite dai movimenti di resistenza ai totalitarismi, durante la seconda guerra mondiale, per vedere affiorare il concetto di un’organizzazione del continente in grado di superare gli antagonismi nazionali. Altiero Spinelli, federalista italiano, e Jean Monnet, ispiratore del piano Schuman che ha creato la prima Comunità europea del carbone e dell’acciaio nel 1950, sono all’origine delle due principali correnti di pensiero che hanno dato il via al processo d’integrazione comunitaria: da una parte, il progetto federalista basato sul dialogo e su un rapporto di complementarità fra i poteri locali, regionali, nazionali ed europei; dall’altra, il progetto funzionalista basato sulla delega graduale di parti di sovranità dal livello nazionale al livello comunitario. Queste due tesi si fondono oggi nella convinzione che, a fianco dei poteri nazionali o regionali, debba sussistere un potere europeo basato su istituzioni democratiche e indipendenti, in grado di gestire quei settori per i quali l’azione comune si rivela più efficace di quella svolta da Stati che agiscono separatamente: il mercato interno, la moneta, la coesione economica e sociale, la politica dell’occupazione, la tutela dell’ambiente, la politica estera e di difesa, la creazione di uno spazio di libertà e di sicurezza.

Nel 1998, l’Unione europea rappresenta il risultato degli sforzi compiuti fin dal 1950 dai promotori dell’Europa comunitaria. Essa costituisce l’organizzazione più avanzata d’integrazione multisettoriale esistente, con capacità di agire nel settore economico, sociale, politico, dei diritti dei cittadini e delle relazioni esterne dei 15che ne sono membri.

Il trattato di Parigi, che istituì la CECA nel 1951 e quelli di Roma che istituirono la Comunità economica europea (CEE) e la Comunità europea per l’energia atomica (EURATOM) nel 1957, modificati nel 1986 dall’Atto unico europeo, nel 1992 dal trattato sull’Unione europea, firmato a Maastricht e, da ultimo, dal trattato di Amsterdam firmato nel 1997, sono le basi costi tuzionali di questo insieme che crea fra gli Stati membri vincoli giuridici che vanno molto oltre le normali relazioni contrattuali esistenti fra Stati sovrani.

L’Unione europea produce essa stessa una legislazione che si applica direttamente ai cittadini europei e crea diritti specifici a loro  favore.

Limitata, nella sua prima forma, alla realizzazione del mercato comune del carbone e dell’acciaio tra i sei Stati fondatori (Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Italia), la Comunità ha costituito in un primo momento un’iniziativa di pace in quanto è riuscita ad associare i vincitori e i vinti dell’ultima guerra intraeuropea in un organo istituzionale retto dal principio dell’uguaglianza.

A partire dal 1957, dopo che il progetto di esercito europeo fallì nel 1954 per il rifiuto diratificarlo da parte dell’Assemblea nazionale francese, i sei Stati membri decisero di costruire una Comunità economica sulla base della libera circolazione delle merci, dei servizi e dei lavoratori. Al 1 delerano stati totalmente soppressi i dazi doganali industriali e nel corso dello stesso decennio erano state avviate delle politiche comuni, in particolare la politica agraria e la politica commerciale.

I successi dei Sei spinsero la Gran Bretagna, la Danimarca e l’Irlanda a unirsi ad essi al termine di difficili negoziati ai quali la Francia del generale de Gaulle oppose il suo veto adue riprese, nel 1961 e nel 1967. Il primo ampliamento, che fece passare la Comunità da sei a nove membri nel 1973, coincise con un approfondimento dei compiti di quest’ultima attraverso la realizzazione di nuove politiche (sociale, regionale, ambientale).

Fin dall’inizio degli anni ’70, divenne evidente la necessità di una convergenza delle economie e di un’Unione monetaria, mentre la sospensione della convertibilità del dollaro in oro dava il via a un’epoca di grande instabilità monetaria mondiale, aggravata dagli effetti della crisi petrolifera del 1973 e del 1979. La realizzazione del Sistema monetario europeo, nel 1979, ha contribuito a rendere più stabili i rapporti di cambio e a spingere gli Stati membri verso politiche di rigore che hanno consentito loro di mantenere dei legami di solidarietà e di attenersi ai principi di uno spazio economico aperto.

Nel 1981 e nel 1986, le adesioni della Grecia, della Spagna e del Portogallo hanno rafforzato il versante meridionale della Comunità, rendendo ancor più necessaria la realizzazione di programmi strutturali destinati a ridurre le disparità di sviluppo economico fra i Dodici. Contemporanea mente, la Comunità si è affermata sul piano internazionale consolidando i legami contrattuali stretti con i paesi del Mediterraneo meridionale e con i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, associati grazie alle successive convenzioni di Lomé (1975-1989: Lomé I, II, III e IV).

L’accordo firmato a Marrakech, il 14 aprile 1994, da tutti gli Stati membri del GATT ha fatto entrare in una nuova fase di sviluppo il commercio mondiale. L’Unione europea, che ha parlato con una sola voce, si è imposta nel corso dei negoziati, lasciando la sua impronta e facendo valere i suoi interessi.

Prima potenza commerciale mondiale, l’Unione sta acquisendo gli strumenti che le permettono di affermare la sua identità sulla scena internazionale e si pone l’obiettivo di realizzare una politica estera e di sicurezza comune.

L'”europessimismo” dominante agli inizi degli anni ’80, alimentato sia dagli effetti della crisi economica mondiale che da un difficile dibattito interno sulla ripartizione degli oneri finanziari, ha ceduto il posto, a partire dal 1985, a una nuova speranza di rilancio delladinamica europea. Sulla base di un “Libro bianco”, presentato nel 1985 dalla Commissione presieduta da Jacques Delors, la Comunità ha deciso di completare la creazione del grande mercato interno per il 1 gennaio 1993. L’impegno costituito daquesta data e le disposizioni legislative che hanno reso possibile il conseguimento di un obiettivo così ambizioso, vennero sanciti nell’Atto unico europeo, firmato nel febbraio 1986 e entrato in vigore il 1 luglio 1987.

La caduta del muro di Berlino, seguita dalla riunificazione tedesca, avvenuta il 3 ottobre 1990, e la democratizzazione dei paesi dell’Europa centrale e orientale, liberati dalla tutela dell’Unione sovietica, la quale si dissolve nel dicembre 1991, trasformano profondamente la struttura politica del continente. I Dodici si sono impegnati in un processo di approfondimento della loro unione negoziando un nuovo trattato le cui linee direttrici sono fissate dal Consiglio europeo di Maastricht, del 9-10 dicembre 1991.

Il trattato sull’Unione europea, entrato in vigore il 1 novembre 1993, fissa per gli Stati membri un programma molto ambizioso: la realizzazione di un’unione monetaria entro i 1999, l’elaborazione di nuove politiche comuni, l’istituzione di una cittadinanza europea, la creazione di una politica estera e di sicurezza comune, l’organizzazione della sicurezza interna. Una clausola di revisione stabilita dal trattato di Maastricht ha portato gli Stati membri a negoziare un nuovo trattato, firmato ad Amsterdam il 2 ottobre 1997, che ritocca e potenzia le politiche e gli strumenti dell’Unione, segnatamente nei settori della cooperazione giudiziaria, della libera circolazione delle persone, della politica estera e della sanità pubblica. Grazie a tale trattato, il Parlamento europeo, espressione democratica diretta dell’Unione, acquista nuove competenze che confermano il suo ruolo di colegislatore.

Il 1 gennaio 1995 sono entrati nell’Unione europea tre nuovi paesi, l’Austria, la Finlandia e la Svezia che arricchiscono l’Europa con il loro patrimonio culturale e le aprono nuovi spazi nel cuore dell’Europa centrale e settentrionale. Oggi l’Unione dei Quindici si trova adaffrontare due grandiose sfide:

  • l’allargamento ai dieci paesi dell’Europa centrale e orientale e a Cipro, con i quali ilConsiglio europeo di Lussemburgo del 13 dicembre 1997 ha deciso di avviare negoziati diadesione a partire dalla primavera del 1998;
  • lo sfruttamento delle potenzialità dell’Unione monetaria che, sulla base della creazionedell’euro prevista per il 2 maggio 1998, dovrebbe garantire alle economie degli Stati membri una migliore convergenza e le condizioni necessarie per una crescita sostenibile creatrice di posti di lavoro.

Tali sfide richiederanno un forte impegno. È infatti impensabile che un’Unione di oltre 25 membri possa funzionare se non si provvede a consolidarne i meccanismi decisionali e se non si possiede la certezza che le politiche di solidarietà e le politiche di azione comune beneficeranno di un sistema di finanziamento equo ed efficace. Altrettanto difficile si presenta mantenere il consenso degli Stati sui grandi obiettivi comuni che ci si prefigge e sugli strumenti di cui occorrerà servirsi per realizzare tali obiettivi in un contesto, come quello dell’ampliamento, che aumenterà l’eterogeneità degli interessi e delle vedute in seno all’Unione. La Commissione europea, presieduta da Jacques Santer, ha presentato nel luglio 1997 l'”Agenda 2000″, sulla cui base i governi si sono impegnati ad un’approfondita revisione delle politiche strutturali e della politica agricola comune.

L’Unione non ha quindi altra scelta che continuare a progredire sulla strada di un’organizzazione che sia al tempo stesso democratica ed efficace, in grado di decidere e di agire, ma rispettosa dell’identità degli Stati. Senza il rafforzamento delle sue strutture e la razionalizzazione dei suoi meccanismi decisionali, l’Unione rischierà di indebolirsi o di rimanere paralizzata. Ora, la “Grande Europa” in gestazione potrà essere una potenza organizzata solo se saprà esprimersi con una voce sola negli affari mondiali.

Quasi mezzo secolo di edificazione europea ha profondamente segnato sia la storia del continente che la mentalità dei suoi abitanti e ha modificato gli equilibri del potere. Igoverni degli Stati membri, quali che siano le loro tendenze politiche, sanno che l’era dellesovranità nazionali assolute è tramontata e che solo l’unione delle forze e l’adesione ad un”destino ormai comune”, secondo le parole di RobertSchuman, consentiranno alle vecchie nazioni di proseguire il progresso economico e sociale e di mantenere la loroinfluenza nel mondo.

Il metodo comunitario, basato su un dialogo permanente fra gli interessi nazionali e l’interesse comune, che nel rispetto delle diversità nazionali sviluppa un’identità propria all’Unione, non ha perso nulla del suo valore iniziale. Ideato per superare gli antagonismi nazionali e cancellare le velleità di supremazia e il ricorso alla forza che contraddistinguevano le relazioni tra gli Stati, questo metodo ha reso possibile la coesione dell’Europa democratica, legata ai valori di libertà, durante tutti gli anni della guerra fredda.

La scomparsa dell’antagonismo Est-Ovest e la riunificazione politica ed economica del continente sono la conferma della vittoria dello spirito europeo, di cui i popoli avranno sempre più bisogno in futuro.